Nella mattinata odierna, personale del Nucleo Investigativo Centrale (N.I.C.) della Polizia Penitenziaria ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, all’esito di articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di un soggetto, detenuto in istituto di pena, ritenuto gravemente indiziato, di partecipazione all’associazione di stampo camorristico denominata “ gruppo di Abbasc Miano articolazione del clan Lo Russo,” di tentato omicidio premeditato commesso in danno di tre codetenuti, di porto e detenzione di arma comune da sparo all’interno di un istituto detentivo, di violenza privata in danno di un pubblico ufficiale e di diverse ipotesi di accesso indebito di dispositivi atti alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, avendo agito avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p., in particolare, ponendo in essere le condotte all’interno di un istituto detentivo e con modalità tipiche dell’agire di organizzazioni camorristiche, nonché al fine di agevolare l’Alleanza di Secondigliano allo scopo di rafforzarne il controllo sugli istituti detentivi attraverso la gestione del commercio degli strumenti di comunicazione in carcere. Le indagini oltre a consentire di ricostruire la dinamica e i responsabili del gravissimo fatto verificatosi all’interno della casa Circondariale di Frosinone il 19.9.2021 , consistente nella consegna, mediante un drone, all’odierno indagato, all’epoca ivi detenuto in stato di esecuzione pena e misura cautelare, di una pistola, successivamente utilizzata dallo stesso per sparare contro altri tre soggetti detenuti nello stesso reparto, hanno anche disvelato che l’episodio avvenuto il 19.9.2021 si inseriva nell’ambito di un contesto associativo di più ampio spessore, oggetto di altro procedimento penale. Da altra attività investigativa, all’epoca pendente presso la Procura di Napoli e la Procura di Frosinone, si accertava, infatti, l’operatività di un’articolata associazione per delinquere, paragonabile ad una società di servizi, la cui finalità consisteva prevalentemente nella consegna in diverse carceri sul territorio nazionale di apparecchi cellulari e sostanza stupefacente ed i cui esponenti di vertice sono stati identificati in alcuni referenti di consorterie criminali aderenti alla cd. Alleanza di Secondigliano, trasversalmente legata a diversi clan camorristici uniti dalla detenzione in carcere; questi fatti sono stati contestati con altra ordinanza di custodia cautelare e sono anche già stati sentenziati in primo grado con esito positivo. Il tentato omicidio in danno di ben tre codetenuti, contestato con l’ordinanza oggi eseguita, costituiva l’incipit di un’azione dimostrativa di questa associazione di servizi che, per mantenere il controllo delle consegne a mezzo drone nei diversi istituti detentivi, aveva fatto entrare in carcere un’arma di fatto poi utilizzata nei confronti di altri soggetti che quel potere volevano sottrarre ed esercitare autonomamente attesi gli ingenti guadagni connessi alla gestione dell’affare dei droni e all’ingresso nelle carceri di beni di genere vietato . Dalle indagini è altresì emerso che l’indagato, oggi attinto da ordinanza, già condannato per 416 bis c.p. durante un precedente periodo di detenzione, avrebbe continuato, proprio attraverso l’uso degli apparecchi di comunicazione, che riusciva a fare entrare in carcere, a partecipare al sodalizio criminoso con modalità del tutto inedite: si è infatti accertato che la sua partecipazione si sarebbe estrinsecata non soltanto in una condotta passiva di morale adesione, conformemente ad un’ampia casistica in base alla quale il vincolo associativo sopravvive alla detenzione in attesa di riespandersi allorquando il detenuto avrà riacquistato la propria libertà, ma anche in contributi di natura attiva, ciò essendo possibile dall’inquietante e per certi versi per lungo tempo sottovalutato fenomeno per cui i detenuti, seppur associati ad istituti di alta sicurezza, riescono a procurarsi apparecchi telefonici che consentono loro di comunicare con l’esterno; nel caso in esame il detenuto si faceva consegnare diversi cellulare del tipo smartphone al fine di poter effettuare comunicazioni evidentemente finalizzate alla sua attiva partecipazione al clan. I provvedimenti eseguiti sono misure cautelari disposte in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i destinatari delle stesse sono persone sottoposte alle indagini e quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva.
Mag 12