GUARDIA DI FINANZA, ROMA: CONFISCATI BENI PER OLTRE 12 MILIONI DI EURO A PLURIPREGIUDICATO DI NETTUNO.

Un ingente patrimonio – del valore stimato di oltre 12 milioni di euro – è stato definitivamente confiscato dalla Corte d’Appello del Tribunale di Roma al pluripregiudicato Fernando MANCINI (classe 1961).
Il provvedimento – che conferma quello di primo grado emesso a giugno del 2019 – è frutto delle meticolose indagini economico-patrimoniali dei Finanzieri del Comando Provinciale di Roma, avviate nel 2015, che avevano consentito alla Sezione Specializzata Misure di Prevenzione del Tribunale capitolino di disporre il sequestro anticipato dei beni riconducibili al MANCINI, già condannato per i reati di associazione a delinquere, evasione fiscale, bancarotta fraudolenta, truffa, traffico di stupefacenti e riciclaggio.

Gli accertamenti delle Fiamme Gialle della Compagnia di Nettuno, coordinate della Procura della Repubblica di Velletri, avevano evidenziato la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati al Fisco dal proposto e le ricchezze nella sua disponibilità, gran parte delle quali intestate fittiziamente a “prestanome” e familiari.
Il patrimonio, accumulato investendo i proventi delle attività illecite e costituito da conti correnti bancari, quote di maggioranza di alcune società, una lussuosa imbarcazione, una rivendita di tabacchi, 90 unità immobiliari (tra cui una stupenda villa di circa 400 metri quadrati con piscina, 41 appartamenti, 35 magazzini, garage, capannoni industriali e terreni) e dal rinomato stabilimento balneare “Belvedere”, situato sul litorale nettunense, passa definitivamente nella disponibilità dello Stato
Oltre alla confisca, la Corte d’Appello ha disposto la riduzione da 5 a 3 anni della sorveglianza speciale di polizia, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
L’esecuzione del provvedimento ablativo riveste un rilevante valore sociale perché restituisce alla collettività beni illecitamente acquisiti dalla criminalità.

PATRIMONIO DI 25 MLN DI EURO CONFISCATO AD UN NOTO MEDICO CHIRURGO RITENUTO CONTIGUO ALLA ‘NDRANGHETA

Militari del locale Comando Provinciale della Guardia di Finanza – con l’ausilio di personale del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, hanno eseguito un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria – presieduta dalla Dott.ssa Ornella Pastore – su richiesta del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Procuratore Dott. Walter Ignazitto, con il quale è stata disposta, nei confronti del medico chirurgo CELLINI Francesco l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca dell’ingente patrimonio a questi riconducibile, stimato in circa 25 milioni di euro.

Il citato CELLINI Francesco, altresì, riconosciuta a suo carico la pericolosità sociale qualificata dalla contiguità sinallagmatica alla ‘ndrangheta, nonché quella generica, in quanto dedito ad illecite attività in materia fiscale e tributaria, è stato sottoposto alla misura di prevenzione personale della Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno. La figura criminale di CELLINI Francesco era, tra l’altro, emersa nell’ambito:
 dell’operazione “Sansone” – condotta dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria – nel corso della quale il medesimo, all’epoca medico responsabile e legale rappresentante della cooperativa Anphora che gestiva la clinica “Nova Salus”, di Villa San
Giovanni (RC), era risultato in rapporti sinallagmatici con BERTUCA Pasquale, capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, al quale aveva dato la propria disponibilità al ricovero,
presso la predetta struttura sanitaria, di soggetti mafiosi a questi vicini, al fine di consentire l’accesso a trattamenti penitenziari meno afflittivi della detenzione carceraria;
 dell’operazione “Meta” – condotta dal ROS dei Carabinieri – nel cui ambito erano emersi i rapporti del CELLINI con il boss calabro-milanese LAMPADA Giulio Giuseppe e con il politico SARRA Alberto, unitamente ai quali progettava la costruzione – mai avvenuta – di una clinica nella frazione di Gallico, all’interno di una proprietà dello stesso LAMPADA;
 di diversi procedimenti penali scaturite da e contestazioni fiscali/tributarie originati dagli esiti di plurime attività di verifica ai fini delle Imposte Dirette, svolte dalla Guardia di Finanza reggina, tra il 2002 e il 2011, nei confronti della citata cooperativa “Anphora”, da cui è emerso che il CELLINI ha, nel tempo, fatto sistematico ricorso a molteplici condotte di evasione fiscale accompagnate da falso in bilancio e dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti, in totale spregio della normativa fiscale, tributaria e antiriciclaggio, finalizzate al reimpiego di proventi illecitamente acquisiti.
In tale contesto, si inseriscono anche le dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia – ed in particolare quelle fornite da ultimo da Giuseppe Liuzzo -, che certificano collegamenti tra CELLINI Francesco e la ‘ndrangheta risalenti già ai primi anni novanta, allorquando il medico avrebbe effettuato prestazioni sanitarie agli allora latitanti TEGANO Pasquale e TEGANO Giovanni, nonché a favore di Vincenzo ZAPPIA attinto da colpi d’arma da fuoco durante un agguato.
Alla luce di tali risultanze, la locale DDA delegava l’esecuzione di apposite indagini finalizzate all’accertamento della pericolosità sociale del CELLINI nonché alla ricostruzione del patrimonio da questi accumulato, al fine di accertarne l’eventuale genesi illecita.
Le investigazioni a carattere economico/patrimoniali svolte hanno consentito di ricostruire il complesso dei beni di cui il CELLINI e il suo nucleo familiare sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente – nell’ultimo trentennio – accertando la sproporzione esistente tra il profilo reddituale e quello patrimoniale, motivo per il quale, nel 2018, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della citata DDA, disponeva la misura cautelare del sequestro sull’ingente patrimonio illecitamente accumulato dal medico, costituito, tra l’altro dalle società “Anphora S.c.a.r.l.” (che gestiva la nota clinica “Nova Salus”), “Nuova Anphora s.r.l.” e “Nuova Salus s.r.l. in liquidazione”, operanti in Villa San Giovanni (RC) nel settore sanitario-riabilitativo, affidandone la gestione ad amministratori giudiziari.
Nel dettaglio, nel corso degli accertamenti, il Nucleo PEF/G.I.C.O. aveva appurato come il CELLINI, esclusivo dominus occulto delle predette società – nelle cui compagini figuravano, invece, terzi soggetti conviventi, ovvero legati da vincoli parentali o fiduciari – aveva impresso alla gestione una stabile connotazione clientelare, strumentale e condizionata alle volontà degli esponenti apicali della ‘ndrangheta reggina, tale che le società sono state, poi, ricondotte dal citato Tribunale nel genus delle “imprese mafiose” poiché fortemente caratterizzato dalla contiguità ‘ndranghetistica del proposto.
Attraverso accertamenti bancari sulle movimentazioni di decine di conti corrente, i Finanzieri hanno rilevato, nel corso degli anni, l’utilizzo illecito e promiscuo, da parte del CELLINI, di cospicue risorse finanziarie prelevate dalle casse sociali per essere reimpiegate, a fini personali – quali, ad esempio, l’acquisto di immobili – ovvero per sottrarli ai creditori.
Con riferimento alla liceità dei redditi prodotti dal Dott. CELLINI e dal relativo nucleo familiare, il G.I.C.O. ha, altresì, appurato come – a partire dall’anno 2000 – i redditi erogati, a favore del medico, dal Servizio Sanitario Nazionale, erano stati percepiti in costanza di una condizione di incompatibilità, in violazione dei particolari vincoli stabiliti dalla normativa di categoria pertanto, ai fini della ricostruzione della capacità economico-patrimoniale, erano da considerarsi frutto di illecito.
Gli ulteriori approfondimenti patrimoniali accertavano, inoltre:
– la riconducibilità indiretta al CELLINI di ulteriori cespiti intestati a terzi che, pur costituitisi in giudizio, non hanno dimostrato l’estraneità al complessivo illecito “programma” del proposto;
– atti di donazione ai familiari conviventi, di cespiti che – ritenuti frutto di sottrazione di risorse dalle casse delle citate società – il Tribunale ha dichiarato nulli poiché preordinati all’elusione della misura di prevenzione patrimoniale.
Da ultimo, a seguito dell’operato sequestro, il CELLINI, esautorato dalla gestione della citata clinica, nel tentativo di mantenerne comunque il controllo, intimidiva i dipendenti collaborativi con l’Amministrazione Giudiziaria al fine di boicottarne la gestione, venendo pertanto deferito e rinviato a giudizio per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Con l’odierno provvedimento, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, condividendo l’intera ricostruzione economico-patrimoniale e le argomentazioni formulate dai predetti Reparti, anche in sede di controdeduzioni alle memorie e perizie tecniche rassegnate dai collegi difensivi, ha ora disposto nei confronti di CELLINI Francesco l’applicazione:
 della misura patrimoniale della confisca del patrimonio a questi direttamente e indirettamente riconducibile, stimato in circa 25 milioni di euro e costituito dall’intero compendio aziendale (comprensivo delle quote e di n. 13 immobili) delle società “Anphora Cooperativa Sociale a r.l.” (compresa la nota Clinica “Nova Salus”), “Nuova Anphora
s.r.l.” e “Nova Salus s.r.l. in liquidazione” con sede a Villa San Giovanni (RC);
 da n. 2 beni fabbricati siti in Villa San Giovanni (RC);
 da n.1 sito in Scilla (RC), nonché da rapporti bancari, polizze assicurative e disponibilità finanziarie;
della misura di prevenzione personale della Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno per anni quattro, atteso che il proposto, attraverso svariate condotte perpetratesi senza soluzione di continuità dal 1988, è risultato aver usufruito dell’appoggio, della protezione, della sovvenzione economica e della sponsorizzazione delle cosche Tegano, Bertuca e Serraino, senza tralasciare relazioni più o meno occulte con appartenenti alla zona grigia, sfruttando le sue conoscenze nella società civile e negli ambienti politici;  del divieto per il proposto e i conviventi – in via anticipata, come previsto dalla normativa antimafia – di ottenere licenze o autorizzazioni, concessioni, erogazioni, abilitazioni, iscrizioni in pubblici registri, nonché in elenchi di fornitori di beni e servizi riguardanti la Pubblica Amministrazione, ovvero la sospensione della relativa efficacia.
L’attività di servizio in rassegna costituisce efficace testimonianza della proficua azione della Guardia di Finanza finalizzata al contrasto dell’infiltrazione della criminalità organizzata di tipo ‘ndranghetistico nell’economia legale, nonché all’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati.

Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico: al via campagna con Claudia Gerini per invitare le donne a “mantenersi informate” su tutte le opportunità del percorso di cura

In occasione della Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico, Fondazione AIOM insieme ad ACTO, LOTO, Mai più sole ed aBRCAdaBRA, con il sostegno non condizionato di GSK, lanciano la campagna “Tumore ovarico: manteniamoci informate”:
attività di informazione online ed eventi sul territorio, con Claudia Gerini come testimonial, per valorizzare l’importanza dell’informazione e le nuove opportunità delle terapie di mantenimento, a cui possono accedere tutte le pazienti con tumore ovarico, con e senza mutazione BRCA.
Da oggi sul sito www.manteniamociinformate.it le informazioni sul tumore ovarico e sulla campagna insieme al videomessaggio di Claudia Gerini

Roma, 8 maggio 2020 – In Italia ogni anno oltre 5.000 donne ricevono una diagnosi di tumore ovarico, uno dei più aggressivi tumori femminili. A causa di sintomi aspecifici o non riconosciuti, in circa l’80% per cento dei casi la malattia viene diagnosticata in fase già avanzata. Oggi però lo scenario è in evoluzione e una delle novità più importanti di questi anni è la possibilità per tutte le pazienti di accedere alle terapie di mantenimento, che permettono di allontanare le ricadute dopo chemioterapia e che si sono dimostrate efficaci sul tumore ovarico.
“Mantenersi informate” è fondamentale, perché sul fronte del tumore ovarico sono molte le cose da sapere e le novità da conoscere: è questo il messaggio della campagna “Tumore ovarico: manteniamoci informate” lanciata oggi, Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico, da Fondazione AIOM in collaborazione con le Associazioni pazienti ACTO, Loto, Mai più sole, ed aBRCAdaBRA con il sostegno non condizionato di GSK.
«Finalmente, in questi ultimi anni la ricerca ha prodotto risultati importanti nel carcinoma ovarico –dichiara Stefania Gori, Presidente Fondazione AIOM – oggi sappiamo che un quarto delle pazienti sono portatrici di mutazioni BRCA1 e/o BRCA2, con implicazioni terapeutiche e familiari importantissime. E sappiamo che una terapia di mantenimento con farmaci orali, gli inibitori di PARP, determina lunghe sopravvivenze nelle pazienti mutate e anche nelle pazienti non mutate, le quali rappresentano la maggior parte delle donne affette da carcinoma ovarico (75%). Fondazione AIOM, sempre al fianco delle pazienti e delle Associazioni pazienti, vuole con questa campagna accendere i riflettori, per molti mesi, su questa malattia».
La campagna si svilupperà nei prossimi mesi attraverso attività online, campagne social ed eventi sul territorio. Già da oggi è attivo il sito www.manteniamociinformate.it con le informazioni fondamentali sul tumore ovarico: ad accogliere le visitatrici è un messaggio di benvenuto di Claudia Gerini, testimonial della campagna.
«È fondamentale ricordare che il tumore ovarico esiste, che è aggressivo e con sintomi aspecifici e che non abbiamo strumenti di prevenzione. Il primo messaggio che questa campagna di sensibilizzazione vuole trasmettere alle donne è l’importanza di tenersi informate e di curare il tumore solo nei centri d’eccellenza – dichiara Nicoletta Cerana, Presidente ACTO Onlus – Alleanza Contro il Tumore Ovarico – bisogna saperlo riconoscere per diagnosticarlo tempestivamente, il più presto possibile, quando il tumore, ancora limitato alle ovaie, ha ottime possibilità di guarigione».
I tumori ovarici si differenziano in base alla sede di origine e alla presenza di mutazioni genetiche tra le quali le mutazioni BRCA, legata a mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2. Essere portatrici di queste mutazioni, presenti nel 25% dei tumori ovarici, non equivale a ereditare o ad avere un tumore ma ad avere un rischio maggiore di sviluppare alcune neoplasie, rispetto alle persone non mutate. Attraverso il test genetico è possibile sapere se si ha una familiarità o una predisposizione genetica ereditaria al tumore ovarico e questo permette di agire in fase di prevenzione per ridurre il rischio nonché, in caso di diagnosi, di scegliere la terapia farmacologica più mirata fin dalla prima linea di trattamento.
«Sapere che una donna ha una mutazione BRCA cambia l’approccio clinico, cambia le cure che le vengono offerte o proposte – dichiara Ornella Campanella, Presidente aBRCAdaBRA – tutte le strategie di riduzione del rischio o di gestione del rischio della donna e della sua famiglia cambiano se si è davanti a un test genetico predittivo per BRCA oppure no. Il test ha anche un importante impatto sociale perché con un effetto domino anche i familiari non malati della donna vengono coinvolti nello screening».
Tutte le pazienti, con o senza mutazione BRCA, oggi possono beneficiare delle terapie di mantenimento che permettono di stabilizzare i risultati ottenuti con la chemioterapia, allontanando le recidive e aumentando sopravvivenza libera da progressione e qualità di vita delle pazienti. Solo di recente, però, queste terapie sono state rese rimborsabili anche per le donne con tumore dell’ovaio senza mutazione BRCA, che rappresentano il maggior numero di casi e vanno incontro a prognosi più sfavorevole.
«È evidente che negli ultimi anni grazie a farmaci come i PARP-inibitori utilizzati in fase di mantenimento si è trovata una strada per dare risposte più concrete a chi ha la mutazione BRCA, con risultati importanti in termini di sopravvivenza e qualità di vita – afferma Sandra Balboni, Presidente LOTO – è però altrettanto vero che le donne senza questa mutazione possono e devono fruire di queste terapie di mantenimento che ora sono disponibili. E questo tipo di informazione deve essere diffusa in maniera molto più capillare». Il lavoro delle Associazioni è fondamentale per promuovere la conoscenza sul tumore ovarico e informare le pazienti sulle opportunità di cura.
Per Albachiara Bergamini, Presidente Mai più sole, «Il gioco di squadra può fare la differenza nella battaglia contro il tumore ovarico. Parlare di questo tumore e delle opportunità terapeutiche per tutte le donne è fondamentale, ed è questo l’obiettivo della campagna promossa da Fondazione AIOM alla quale ha aderito con entusiasmo la nostra Associazione, che dal 2013 promuove l’informazione sul tumore ovarico per le donne e per le pazienti sul territorio sardo».
Da oggi sul sito www.manteniamociinformate.it le informazioni sul tumore ovarico e sulla campagna insieme al videomessaggio di Claudia Gerini

55 TONNELLATE DI SIGARETTE SOTTRATTE AL CONTRABBANDO

L’attività della Guardia di Finanza a presidio degli interessi erariali nell’area portuale del capoluogo giuliano, non si interrompe nonostante la recente situazione emergenziale.
Infatti, nell’ambito dei servizi d’istituto di polizia doganale, i militari del II Gruppo, in costante collaborazione con i funzionari dell’Ufficio di Trieste dell’Agenzia della Dogane, nel corso del primo quadrimestre del corrente anno, hanno proceduto al sequestro di circa 55 tonnellate di sigarette marca “Sipan 2015 – 84mm”.

Il sequestro rappresenta la conclusione di un’attività di servizio iniziata nei mesi precedenti monitorando un convoglio di tre autoarticolati giunti nel Porto di Trieste a bordo di una motonave proveniente dalla Turchia.
In seguito ad approfondite e mirate indagini, dirette dal Sostituto Procuratore dottor Antonio Miggiani della locale Direzione Distrettuale Antimafia, è stato ricostruito dai finanzieri operanti nello scalo mercantile un ingegnoso meccanismo di frode.
Il sistema truffaldino era basato sull’impiego cartolare di società nazionali ed estere, ignare o fittizie destinatarie delle sigarette poi sequestrate, il tutto finalizzato a far uscire in modo simulato dagli spazi doganali l’ingente quantitativo di tabacchi per poi reintrodurli nell’Unione Europea senza il pagamento dei dazi doganali; sistema sventato grazie al puntuale, tempestivo intervento delle Fiamme Gialle.
Una volta ottenuta la disponibilità della merce, l’organizzazione criminale avrebbe successivamente dirottato le sigarette sui circuiti del mercato illegale, nel cui ambito l’importante quantitativo di “bionde” avrebbe consentito un illecito profitto per una cifra pari a quasi 10 milioni di Euro, con una ipotizzata evasione di diritti, qualora immesse sul territorio nazionale, per ulteriori 7 milioni di Euro circa.
Le sigarette sequestrate sono inserite, peraltro, nell’elenco delle cosiddette cheap white, nocive per la salute dei consumatori e per questo non ammesse alla vendita all’interno dell’Unione Europea, anche se sul mercato illecito riscuotono un forte successo per il prezzo decisamente più basso, grazie alla scarsa qualità delle materie prime e del confezionamento.
Il provvedimento di sequestro – emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari a seguito di apposita richiesta del Pubblico Ministero su input delle Fiamme Gialle del II Gruppo – è finalizzato alla confisca del tabacco che, una volta intervenuta, consentirà di procedere alla distruzione del medesimo.
L’importante risultato, ottenuto anche grazie allo strumento della cooperazione internazionale (attivata con l’ausilio degli Organi Centrali della Guardia di Finanza), arriva in un momento particolarmente delicato per tutto il Paese e testimonia, ancora una volta, il tenace impegno profuso dai militari del Corpo nel contrasto all’economia illegale, in particolar modo rivolto alla repressione del commercio illecito di generi di monopolio.
Questo commercio, oltre a sottrarre preziose risorse all’Erario, nazionale e comunitario, e ad essere dannoso per la salute, rappresenta una delle principali forme di finanziamento delle organizzazioni criminali a carattere transnazionale.

GDF BRESCIA: EVASORE FISCALE SERIALE DICHIARA AL FISCO SOLO 20.000 EURO L’ANNO SEQUESTRATE OPERE D’ARTE E DIMORA DI LUSSO

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Brescia, a seguito di accurate indagini svolte sotto la direzione della locale Procura della Repubblica, stanno dando esecuzione a una “misura di prevenzione patrimoniale”, ossia a un sequestro emesso dal Tribunale di Brescia nei confronti di un imprenditore bresciano, con numerosi precedenti fiscali, che è riuscito a spendere e investire negli anni un “tesoretto” di svariati milioni di euro, a fronte di redditi medi dichiarati al fisco di soli 20.000 euro.
A differenza del tradizionale sequestro penale, le misure di prevenzione, infatti, consentono il sequestro di quella ricchezza “ingiustificata”, che emerge quando il tenore di vita e il patrimonio posseduto da un soggetto pluripregiudicato (e dai suoi familiari o persone ad egli riconducibili) risultano sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati.
La Guardia di Finanza, già in passato, aveva denunciato il soggetto più volte e per svariati reati economico-finanziari, quali associazione per delinquere, frodi fiscali, riciclaggio, omessa dichiarazione, occultamento e distruzione di documenti contabili, indebite compensazioni.
L’imprenditore era stato arrestato recentemente (2018 e 2019) e aveva già subito sequestri preventivi per oltre 4,5 milioni di euro.
Il provvedimento, emesso d’urgenza dal Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica, è finalizzato a evitare che il patrimonio accumulato illecitamente possa essere venduto o, comunque, non più rintracciabile.
Tra i beni rientranti nel “bottino” accumulato dall’evasore fiscale vi è l’immobile nella disponibilità dello stesso. Trattasi di una casa di prestigio, sita in Brescia, dal valore stimabile in circa 4 milioni di euro, che accorpa dieci unità catastali di pregio storico in un’unica residenza organica a seguito di un’imponente ristrutturazione. Oltre 1.200 metri quadri di abitazione, oltre 100 metri quadri di garage, oltre 1.000 metri quadri di giardino, oltre 1.200 metri quadri di aree scoperte, piscina, circa 50 vani distinti, tra cui area benessere con vasca idromassaggio, sauna e bagno turco, sala cinema e palestra.
Presso tale abitazione sono presenti anche opere d’arte, beni di arredo e orologi di lusso per un valore stimato di circa 2 milioni di euro.
Tale ricchezza costituisce il frutto dell’incessante attività di evasione fiscale di un imprenditore bresciano che dichiarava al Fisco solo un reddito medio annuo di 22.400 euro, derivante in parte da lavoro autonomo della propria ditta individuale quale mediatore creditizio e in parte da lavoro dipendente percepito da società italiane operanti in svariati settori economici.
A fronte di così basse entrate per le casse dello Stato, la Procura della Repubblica e la Guardia di Finanza hanno ricostruito spese per svariati milioni di euro, dimostrando, dunque, che tali impieghi non potevano trovare giustificazione nelle fonti di guadagno lecite.
Tra le spese dell’imprenditore anche 1,2 milioni di euro per l’acquisto di 40 orologi delle più prestigiose marche di lusso: tra questi un orologio in oro bianco con fondo in madreperla grigio del valore di 50.000 euro, un altro in titanio dal valore di 85.000 euro nonché un orologio fatto a mano con disegno esclusivo pagato dall’imprenditore 120.000 euro.
Non solo gli orologi: tra le spese ricostruite anche una polizza assicurativa delle Isole Bermuda di circa 1 milione di euro liquidata su un conto ungherese e conti correnti inglesi con saldo di circa 2 milioni di euro e, ancora, oltre 3 milioni di euro detenuti in Svizzera e 6 milioni di euro in San Marino.
Il sequestro disposto dovrà ora essere oggetto di convalida in sede di udienza dinnanzi al Tribunale. In quella sede, dunque, saranno valutate dai Giudici le eventuali giustificazioni circa la provenienza del denaro utilizzato dall’imprenditore per sostenere un così alto tenore di vita, che non appare trovare alcuna giustificazione nei redditi dichiarati al Fisco.

Brescia, 8 maggio 2020

EMERGENZA COVID19: OPERAZIONE “AMUCHINA” SEQUESTRO DI 146 OFFERTE DI VENDITA DI KIT DI AUTODIAGNOSI E FARMACI ANTICORONAVIRUS

Prosegue l’impegno della Guardia di Finanza nell’attività di monitoraggio del Web volta al contrasto e alla repressione delle fenomenologie di commercio illecite in relazione all’attuale emergenza dovuta alla diffusione del Coronavirus in Italia.

In particolare l’operazione “Amuchina”, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e condotta dal Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza, unità delle Fiamme Gialle specializzata nelle investigazioni tecnologiche, ha consentito, già sin dalla fine dello scorso febbraio, di sequestrare n. 63 offerte di vendita presenti sui portali di e-commerce Amazon e E-bay, di prodotti connessi alla prevenzione dell’epidemia, mascherine e gel disinfettanti, presenti a prezzi esorbitanti rispetto ai costi di produzione e di distribuzione nonché a quelli praticati in situazioni non emergenziali.
Le indagini condotte negli scorsi mesi di marzo e aprile, prima dell’entrata in vigore dell’ordinanza n. 11/2020 del Commissario Straordinario per l’emergenza Covid-19 che stabilisce il prezzo massimo per le mascherine di tipo chirurgico, hanno determinato il deferimento all’Autorità Giudiziaria di 37 soggetti italiani, vendors e grossisti, cui è stata contestata la violazione dell’art. 501 bis del Codice Penale che punisce manovre speculative su prodotti di prima necessità, con sanzioni da sei mesi a tre anni di reclusione e con la multa da € 516,00 a € 25.822,00.
Tale attività investigativa online ha consentito inoltre, in quella fase, di eseguire perquisizione e sequestro disposti dall’A.G. nei confronti di 13 società, all’esito delle quali sono stati sequestrati n. 569 mascherine e gel igienizzanti a fronte della commercializzazione di nr. 40.679 unità complessive degli stessi prodotti, come ricostruito in base alla documentazione contabile sequestrata.
Più recentemente, il protrarsi dello stato di emergenza e la diffusione della pandemia in Italia ha imposto uno screening capillare delle condotte illecite online culminato con il sequestro, disposto dal G.I.P. su richiesta della Procura della Repubblica di Milano, di ulteriori 146 offerte di vendita, presenti sui principali portali di e-commerce Amazon, E-bay, Wish e Alibaba ma anche singoli siti di vendita dedicati.
In questa seconda fase dell’operazione gli investigatori cibernetici della Guardia di Finanza hanno ampliato il range di prodotti sottoposti a monitoraggio sottoponendo ad attento screening anche le offerte di vendita riguardanti kit diagnostici “fai-da-te” del Coronavirus.
Si tratta di pacchetti contenti dispositivi per prelevare il sangue e verificare, tramite reagenti, la presenza di anticorpi specifici che si sviluppano a seguito della malattia.
Si tenga presente che, prendendo a riferimento le linee guida del Ministero della Salute, non esistono al momento kit commerciali per confermare “in casa” la diagnosi di infezione da nuovo coronavirus, che deve essere eseguita nei laboratori di riferimento Regionale secondo i protocolli indicati dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
La presenza online di tali prodotti costituisce un serio pericolo per la salute pubblica in quanto può infondere nel cittadino, ragionevolmente preoccupato per il particolare stato di emergenza, l’illusione e la tentazione di individuare e curare da sé la malattia. Proseguendo secondo tale direzione, l’azione investigativa è stata finalizzata all’individuazione e al sequestro di offerte di vendita di farmaci “per la cura del Coronavirus”, falsamente e pericolosamente proposti per terapie “fai da te” in funzione anti contagio.
Tra i più noti all’attenzione pubblica si possono citare i farmaci Avigan, Favipiravir, Tocilizumab, Remdesivir, tutti farmaci utilizzati nell’ambito di protocolli di cura in strutture ospedaliere o in fase di sperimentazione, la cui assunzione va eseguita sotto stretto controllo medico e non commerciabili all’utenza privata e online.
I responsabili delle offerte relative a farmaci e kit diagnostici, tutti soggetti esteri operanti sulle principali piattaforme di e-commerce, hanno posto in essere condotte illecite in violazione dell’artt. 515 (frode in commercio) del codice penale stante la non comprovata efficacia di diagnosi della malattia e di cura della stessa. Inoltre è stata contestata la vendita a distanza di prodotti soggetti a prescrizione medica di cui all’art. 147 del D.Lgs. 219/2016.
In esito alla reiterata costante azione condotta dal Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche con l’A.G. di Milano, le piattaforme di e-commerce Amazon e Alibaba si sono rese collaborative implementando algoritmi di auto-controllo che provvedono alla cancellazione automatica delle offerte in presenza di indicazioni fuorvianti nei contenuti delle stesse.