La responsabilità professionale per il Personale infermieristiche:Civile,Penale e d’Equipe.

Il settore della responsabilità professionale dell’infermiere ricade nel più vasto ambito della responsabilità professionale sanitaria: una materia di per sé complessa e variabile nel tempo, tanto che disquisendo di essa si sono scritte negli ultimi anni innumerevoli pagine di dottrina e giurisprudenza.

Oltretutto, si tratta di un settore soggetto ad un vorticoso sviluppo, non sempre lineare, che risente del dibattito culturale ed etico del nostro tempo, ove si registra comunque una sempre maggiore presenza dell’infermiere come soggetto autonomo di responsabilità. Atteso quando sopra, per economia espositiva si ritiene di dovere trattare soltanto i punti salienti della responsabilità sanitaria e di analizzare le ultime tendenze giuridiche in merito, partendo dalla definizione in senso giuridico è l’obbligo nascente in capo al professionista di prestare la propria attività secondo modelli e livelli considerati quali minimi necessari dall’ordinamento giuridico Il problema principale dell’attuale dibattito riguardava proprio il concetto di “minimo necessario” richiesto dalla collettività all’agire professionale.
Infatti, è ampiamente documentato un aumento di contenzioso instaurato da cittadini che lamentano inadeguatezze del personale sanitario rispetto a bisogni di salute che vanno ben oltre la essenzialità delle cure mediche e che scaturiscono talvolta dal modo irrazionale e scarsamente realistico con cui vengono osservate dai mass-media le conquiste della medicina.
I modelli salutistici ed efficientismi propinati dalla cultura dominante inducono nel consumatore del servizio salute il mito dei Faust dell’eterna giovinezza e spesso il paziente, fuorviato dalle nuove frontiere dell’alta chirurgia, non accetta l’esito insoddisfacente del suo caso, complicato e delicato, attribuendone la responsabilità ad un presunto errore dei sanitari che lo hanno assistito.
Fatte le superiori premesse “di contesto” occorre brevemente soffermarsi sul significato e sulla natura della responsabilità in senso giuridico, nella sua peculiarità rispetto agli altri tipi di responsabilità: morale, religiosa, etc.. La conseguenza di una difettosa assunzione di responsabilità sul piano giuridico sono le sanzioni giuridiche, cioè gli effetti negativi posti dalla norma giuridica a carico di un soggetto, che vanno ad incidere sfavorevolmente su vari aspetti della sua esistenza (libertà personale, legittimazione all’esercizio professionale, capacità economica, etc…). Si può quindi senz’altro affermare che senza sanzione non v’è responsabilità in concreto.
Le responsabilità si sostanziano in responsabilità civile,Penale e D’equipe La responsabilità civile riguarda, a differenza della responsabilità penale, non tanto i diritti fondamentali della collettività, quanto piuttosto l’esigenza che chi subisce un danno possa essere congruamente risarcito.
Qui non importa tanto chi fa fronte alla sanzione patrimoniale risarcendo il danno alla vittima (sanitario, assicurazione, un terzo estraneo, …etc), ma conta che vi sia un risarcimento congruo e rapido. Si distinguono, dunque, due tipi di responsabilità civile: contrattuale ed extracontrattuale, definite da due specifici articoli del Codice che qui si riportano. Responsabilità Contrattuale – art. 1218 codice civile: “il debitore che non esegue esattamente la prestazione è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Responsabilità Extracontrattuale – art. 2043 codice civile: “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
La distinzione teorica di cui sopra ha delle importanti conseguenze sul piano pratico della tutela dei diritti. Infatti, nella responsabilità extracontrattuale il paziente che muove causa deve rigorosamente dimostrare gli errori del sanitario ed il nesso causale tra questi ed il danno subito. Inquadrando invece l’ipotesi di danno nella responsabilità contrattuale, è sufficiente per il paziente dare la prova del danno e del fatto che il danno si sia manifestato in occasione della cura: sarà pio il sanitario (e, con lui, la struttura in cui egli opera) a doversi difendere fornendo egli stesso la prova che tutti i suoi comportamenti professionali sono stati improntati alla diligenza professionale che ci si poteva aspettare e che quindi in danno è derivato da cause da lui indipendenti (c.d. inversione dell’onere della prova). Sulla annosa questione del tipo (contrattuale od extracontrattuale) della responsabilità ascrivibile al sanitario, in considerazione del fatto che l’errore da egli commesso è lesivo di un bene giuridico assoluto come la salute (art. 32, Cost.; art. 1, legge 23/12/1978, 833), l’impostazione più recente che viene costantemente adottata nelle aule di giustizia è quella di sovrapporre le due azioni, aquiliana e contrattuale, per evitare che il danneggiato risulti penalizzato dalla applicazione del rigido regime della responsabilità extracontrattuale sopra visto. In tale impostazione, mentre si discute ancora sulla natura della responsabilità del singolo sanitario, è ormai assolutamente pacifico che quella della struttura sanitaria è di tipo contrattuale e quindi è buona norma citare sempre in giudizio, oltre al presunto sanitario che avrebbe sbagliato, anche la azienda sanitaria ove egli prestava attività al momento del fatto. Si consideri poi che l’azione contrattuale si prescrive in dieci anni dal fatto, mentre quella extracontrattuale in soli cinque anni. In altre parole, è oggi possibile muovere causa ad una struttura sanitaria, per un presunto errore che risale a dieci anni, 11 mesi e 29 giorni fa.
Il carattere distintivo della responsabilità penale consiste nel fatto che essa è prevista dalle norme penali, cioè da quelle regole di comportamento vertenti su diritti di massima importanza per la collettività. Si osserva, a proposito della responsabilità di cui trattasi, che la relativa sanzione non soddisfa direttamente la vittima del danno (parte offesa), in quanto sia la eventuale carcerazione del responsabile che la multa pagata allo Stato nulla conferiscono di concreto al soggetto leso. Infatti, se il danneggiato pretende un risarcimento patrimoniale, deve come è noto instaurare una causa di tipo civilistico all’interno di quella penale (costituzione di parte civile). La violazione delle regole penali costituisce dunque reato, ma perché vi sia reato, e quindi attribuzione di responsabilità penale, occorre la compresenza di tre elementi oggettivi:
1. condotta, cioè il comportamento attivo od omissivo;
2. evento, cioè il fatto lesivo;
3. nesso casuale, cioè rapporto di causa ed effetto tra condotta ed evento e dell’elemento soggettivo dato dal dolo o dalla colpa. S
Sul nesso di casualità si segnala in particolare la sentenza della Corte di
Cassazione, Sezione Unite penali, n° 27/2002

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