L’Europa non prende in esame possibilità di immunizzazione già diffuse in larga parte del globo Sicurezza: un “tour” tra i vaccini nel mondo.

Inizia la stagione dei vaccini anti Covid, finalmente e insieme, inizia la sequela degli interrogativi che di poniamo, non per scetticismo ma per chiarezza nei confronti dei cittadini”. Lo dichiarano in una nota il presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato e,l’avvocato della stessa Maurizio Nestonni,che spiegano “In tutti i Paesi del mondo, c’è stata una distribuzione diversa degli antidoti al coronavirus:

vaccino Sinopharm cinese diffuso in Cina, Emirati Arabi, Messico, Brasile, Cambogia, Laos, Vietnam, Indonesia, Malesia,Turchia, Egitto, Sud-Africa e molti stati africani. Vaccino russo Sputnik autorizzato in Russia, Argentina, Venezuela, Israele, Ungheria, India, Mongolia e altri. Ci chiediamo, a questo punto, come mai l’organo tecnico europeo sul controllo dei farmaci Ema non abbia cercato la possibilità di testare ed utilizzare anche questi vaccini nel nostro continente già distribuiti ed operativi nella stragrande maggioranza dei sistemi sanitari mondiali”. In Europa, in realtà, si è puntato subito e quasi esclusivamente sul vaccino Pfizer che presenta grosse difficoltà distributive e logistiche data la particolarità della temperatura di conservazione, particolari siringhe di somministrazione e possibilità di inquinamento perché multi-dose. Per non parlare della diluizione in soluzione fisiologica e multi-dose iniettabile”. Continua Maritato: “come mai nessuno parla di questi aspetti? Non è molto lontano il ricordo del caso sollevato dai farmaci Avastin e Lucentis per la cura della maculopatia, nel 2014. Il primo mono dosi in siringhe sterili luer-lock e l’altro multi-dose che creò molti casi di inquinamento per somministrazione del farmaco e diversi casi di mortalità per la trasmissione di agenti patogeni. Sono indicazioni che, ci auguriamo, non siano state tralasciate dagli esperti degli organi competenti, per la sicurezza di tutti e dell’ambiente”, chiosano i due.

IBAND 2020: Max Righi tra i concorrenti.

E’ tutto pronto per l’inizio del talent su LA5 dedicato da quest’anno anche a cantautori e solisti.
Grande attesa per gli artisti che si esibiranno mettendo il loro talento alla precisa attenzione della giuria composta da Jimmy Sax e Marco Carta.

Cantante,attore,presentatore e voce della notte, Max Righi sarà uno dei concorrenti del talent di quest’anno e si presenterà con grande ambizione e tanta carica emotiva.
Dalla sua Napoli a Formentera, Max Righi è voce conosciuta da tutta la movida notturna; le sue serate e le sue grandi dote da intrattenitore lo rendono un’icona nel mondo della musica e del divertimento.
Dopo anni di successi Max aveva recentemente annunciato il suo ritorno alla musica con brani inediti, ed ecco puntuale l’annuncio della partecipazione ad IBand.
“Sono carico e molto motivato, sarà una grande occasione per me e ce la metterò tutta, non vedo l’ora di iniziare”. Queste le parole dell’artista campano che ringrazia chi lo ha sempre sostenuto e si appresta a vivere questa esperienza con la voglia e l’ambizione di chi ha ancora l’obiettivo di continuare a stupire.

MARINO, AMBROGIANI(PD): “CONTENTI PER SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE SU PARCO APPIA ANTICA”

“Siamo estremamente soddisfatti per il recente pronunciamento della Corte Costituzionale che ha dichiarato legittimo l’ampliamento del parco regionale dell’Appia Antica, ricadente sul territorio comunale di Marino.

Un ampliamento fortemente voluto dall’amministrazione del presidente Zingaretti, dal suo vice Leodori dalla maggioranza regionale, dal Partito Democratico e trasversalmente condiviso pure da alcune forze di opposizione in consiglio regionale del Lazio. La sentenza della Consulta, inoltre, dimostra implicitamente la strada giusta intrapresa dalla regione Lazio e dalla sua maggiore forza di governo, il Partito Democratico, a tutela dell’ambiente e di uno sviluppo armonico del territorio: principi e concetti che vedono riconosciuta anche la nostra battaglia a livello cittadino – a Marino – che è stata e sempre sarà a forte sostegno dell’ampliamento del parco regionale dell’Appia Antica”.
Così, in una nota, il segretario cittadino del Partito Democratico di Marino, Sergio Ambrogiani.

La responsabilità professionale per il Personale infermieristiche:Civile,Penale e d’Equipe.

Il settore della responsabilità professionale dell’infermiere ricade nel più vasto ambito della responsabilità professionale sanitaria: una materia di per sé complessa e variabile nel tempo, tanto che disquisendo di essa si sono scritte negli ultimi anni innumerevoli pagine di dottrina e giurisprudenza.

Oltretutto, si tratta di un settore soggetto ad un vorticoso sviluppo, non sempre lineare, che risente del dibattito culturale ed etico del nostro tempo, ove si registra comunque una sempre maggiore presenza dell’infermiere come soggetto autonomo di responsabilità. Atteso quando sopra, per economia espositiva si ritiene di dovere trattare soltanto i punti salienti della responsabilità sanitaria e di analizzare le ultime tendenze giuridiche in merito, partendo dalla definizione in senso giuridico è l’obbligo nascente in capo al professionista di prestare la propria attività secondo modelli e livelli considerati quali minimi necessari dall’ordinamento giuridico Il problema principale dell’attuale dibattito riguardava proprio il concetto di “minimo necessario” richiesto dalla collettività all’agire professionale.
Infatti, è ampiamente documentato un aumento di contenzioso instaurato da cittadini che lamentano inadeguatezze del personale sanitario rispetto a bisogni di salute che vanno ben oltre la essenzialità delle cure mediche e che scaturiscono talvolta dal modo irrazionale e scarsamente realistico con cui vengono osservate dai mass-media le conquiste della medicina.
I modelli salutistici ed efficientismi propinati dalla cultura dominante inducono nel consumatore del servizio salute il mito dei Faust dell’eterna giovinezza e spesso il paziente, fuorviato dalle nuove frontiere dell’alta chirurgia, non accetta l’esito insoddisfacente del suo caso, complicato e delicato, attribuendone la responsabilità ad un presunto errore dei sanitari che lo hanno assistito.
Fatte le superiori premesse “di contesto” occorre brevemente soffermarsi sul significato e sulla natura della responsabilità in senso giuridico, nella sua peculiarità rispetto agli altri tipi di responsabilità: morale, religiosa, etc.. La conseguenza di una difettosa assunzione di responsabilità sul piano giuridico sono le sanzioni giuridiche, cioè gli effetti negativi posti dalla norma giuridica a carico di un soggetto, che vanno ad incidere sfavorevolmente su vari aspetti della sua esistenza (libertà personale, legittimazione all’esercizio professionale, capacità economica, etc…). Si può quindi senz’altro affermare che senza sanzione non v’è responsabilità in concreto.
Le responsabilità si sostanziano in responsabilità civile,Penale e D’equipe La responsabilità civile riguarda, a differenza della responsabilità penale, non tanto i diritti fondamentali della collettività, quanto piuttosto l’esigenza che chi subisce un danno possa essere congruamente risarcito.
Qui non importa tanto chi fa fronte alla sanzione patrimoniale risarcendo il danno alla vittima (sanitario, assicurazione, un terzo estraneo, …etc), ma conta che vi sia un risarcimento congruo e rapido. Si distinguono, dunque, due tipi di responsabilità civile: contrattuale ed extracontrattuale, definite da due specifici articoli del Codice che qui si riportano. Responsabilità Contrattuale – art. 1218 codice civile: “il debitore che non esegue esattamente la prestazione è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Responsabilità Extracontrattuale – art. 2043 codice civile: “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
La distinzione teorica di cui sopra ha delle importanti conseguenze sul piano pratico della tutela dei diritti. Infatti, nella responsabilità extracontrattuale il paziente che muove causa deve rigorosamente dimostrare gli errori del sanitario ed il nesso causale tra questi ed il danno subito. Inquadrando invece l’ipotesi di danno nella responsabilità contrattuale, è sufficiente per il paziente dare la prova del danno e del fatto che il danno si sia manifestato in occasione della cura: sarà pio il sanitario (e, con lui, la struttura in cui egli opera) a doversi difendere fornendo egli stesso la prova che tutti i suoi comportamenti professionali sono stati improntati alla diligenza professionale che ci si poteva aspettare e che quindi in danno è derivato da cause da lui indipendenti (c.d. inversione dell’onere della prova). Sulla annosa questione del tipo (contrattuale od extracontrattuale) della responsabilità ascrivibile al sanitario, in considerazione del fatto che l’errore da egli commesso è lesivo di un bene giuridico assoluto come la salute (art. 32, Cost.; art. 1, legge 23/12/1978, 833), l’impostazione più recente che viene costantemente adottata nelle aule di giustizia è quella di sovrapporre le due azioni, aquiliana e contrattuale, per evitare che il danneggiato risulti penalizzato dalla applicazione del rigido regime della responsabilità extracontrattuale sopra visto. In tale impostazione, mentre si discute ancora sulla natura della responsabilità del singolo sanitario, è ormai assolutamente pacifico che quella della struttura sanitaria è di tipo contrattuale e quindi è buona norma citare sempre in giudizio, oltre al presunto sanitario che avrebbe sbagliato, anche la azienda sanitaria ove egli prestava attività al momento del fatto. Si consideri poi che l’azione contrattuale si prescrive in dieci anni dal fatto, mentre quella extracontrattuale in soli cinque anni. In altre parole, è oggi possibile muovere causa ad una struttura sanitaria, per un presunto errore che risale a dieci anni, 11 mesi e 29 giorni fa.
Il carattere distintivo della responsabilità penale consiste nel fatto che essa è prevista dalle norme penali, cioè da quelle regole di comportamento vertenti su diritti di massima importanza per la collettività. Si osserva, a proposito della responsabilità di cui trattasi, che la relativa sanzione non soddisfa direttamente la vittima del danno (parte offesa), in quanto sia la eventuale carcerazione del responsabile che la multa pagata allo Stato nulla conferiscono di concreto al soggetto leso. Infatti, se il danneggiato pretende un risarcimento patrimoniale, deve come è noto instaurare una causa di tipo civilistico all’interno di quella penale (costituzione di parte civile). La violazione delle regole penali costituisce dunque reato, ma perché vi sia reato, e quindi attribuzione di responsabilità penale, occorre la compresenza di tre elementi oggettivi:
1. condotta, cioè il comportamento attivo od omissivo;
2. evento, cioè il fatto lesivo;
3. nesso casuale, cioè rapporto di causa ed effetto tra condotta ed evento e dell’elemento soggettivo dato dal dolo o dalla colpa. S
Sul nesso di casualità si segnala in particolare la sentenza della Corte di
Cassazione, Sezione Unite penali, n° 27/2002

Ama, due decessi per Covid. Chi tutela i dipendenti?

“Abbiamo appreso, con grande costernazione, della scomparsa per Covid di due dipendenti Ama della sede di Tor Pagnotta, a distanza di poche ore uno dall’altro. Da tempo abbiamo appurato, e abbiamo più volte denunciato, le condizioni precarie in cui sono costrette a lavorare intere categorie professionali, che hanno sopperito alle carenze soltanto grazie al loro spirito di sacrificio”.Lo dichiara il presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato che spiega: “l’Azienda vive da anni una grande crisi organizzativa e gestionale. Arrivano alla nostra associazione diverse segnalazioni relative alle problematiche condizioni di lavoro degli addetti. E questo, riteniamo, si riflette sull’indecorosa situazione della raccolta rifiuti nella Capitale e sui continui aumenti della Ta.ri., tassa che per la qualità del servizio reso dovrebbe diminuire, altro che aumentare. Perciò riteniamo che i vertici Ama debbano rispondere di una serie di inadempienze, in primo luogo quelle relative alla tutela della salute dei dipendenti. In primo luogo – insiste Maritato – sulle modalità con cui le misure anti contagio e i protocolli di sicurezza vengono applicati”. Il presidente ribatte sulla necessità di rendere pubblici i dati relativi alla diffusione della infezione da Covid presso la categoria. “Sarebbe il caso di rendere noto il numero dei decessi, soprattutto vorremmo sapere se viene praticata la rilevazione della temperatura in entrata agli stabilimenti Ama, se viene rispettata la regola del distanziamento sociale e se vengono effettuati periodicamente test antigenici e tutti i controlli del caso. La salute dei dipendenti – chiosa Maritato, dovrebbe venire prima di tutte le altre istanze aziendali”.  

Roma, 22 dicembre 2020

L’infermieristica, in Italia, si confronta con il multiculturalismo

I flussi migratori hanno portato con sé persone di origine, religione e lingua diverse, con capacità, abitudini di vita e stato sociale che hanno contribuito a una forte trasformazione culturale e sociale, nonché ad un cambiamento di valori. Non tutti i settori della società tengono sufficientemente conto di questa diversità: uno sguardo autocritico mostra ad esempio che il sistema socio sanitario italiano non si è ancora adeguatamente preparato ad assistere la popolazione migrante.

Il concetto di “salute”, per molto tempo, è stato definito come “assenza di malattie”,”star bene”, cioè non essere malati.
Oggi ci si è resi conto che la salute non può esaurirsi semplicemente nell’assenza di malattie e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sentito il dovere di definire la salute come:“ stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”; questa concezione di salute è stata affermata con forza anche alla Conferenza Internazionale sull‟Assistenza di Base tenutasi ad Alma Ata nel 1978.
L’articolo 32 della Costituzione italiana afferma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…”
È bene ricordare ancora che l’articolo 3 sottolinea che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
A livello internazionale il diritto alla tutela della salute è garantito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata il 10 dicembre 1948 a New York dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
L’articolo 1 afferma: “Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di Fratellanza”. L’articolo 2 precisa: “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”.
L’articolo 13, comma 2, puntualizza: “Ogni individuo ha il diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese”.
La salute come diritto inalienabile degli individui viene inoltre ribadita dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 dove, all’articolo 12, si afferma: ” Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire”. L’aumento della complessità sociale per la presenza di persone appartenenti a diverse culture ed etnie ha evidenziato anche nel nostro paese la necessità di sviluppare una nuova coscienza culturale da parte della professione infermieristica.
Il Codice Deontologico dell‟Infermiere al Capo 1 art. 4 cita: “ L’infermiere presta assistenza secondo principi di equità e giustizia, tenendo conto dei valori etici, religiosi e culturali, nonché del genere e delle condizioni sociali della persona”, questo presuppone da parte degli infermieri una presa di coscienza delle differenze culturali La malattia, quale evento che interferisce con lo svolgersi quotidiano delle attività di vita, fa sorgere delle domande: il paziente vuol conoscere il significato dei segni e dei sintomi e ne ricerca una causa. L‟elaborazione di questo significato investe sicuramente il mondo interiore della persona, ma va anche a ricollegarsi alla concettualizzazione che deriva dalla cultura; ad esempio: la malattia, per la maggior parte dei popoli non occidentali, non si presenta mai come un evento fortuito, ma è segno dell‟incrinarsi di un equilibrio profondo che investe la società e il cosmo. Se non si è in grado di cogliere tali dinamiche, che comportano una nuova visione del mondo e una nuova originale sintesi culturale, risulta difficile comprendere gli elementi culturali che causano incertezze, stress e sfiducia. L’impatto tra culture diverse provoca trasformazioni culturali significative, irrigidimenti, conflitti,
disorientamento da una parte e nuove conoscenze ed esperienze dall’altra, che sono il frutto di vere e proprie operazioni di “mediazione culturale”, che incidono sensibilmente sulle identità culturali. Salute e cultura sono sostanzialmente la stessa realtà; non si può parlare di salute fuori dell’ambito dell’autonomia della propria persona, delle proprie capacità culturali e umane. La salute presuppone un processo di adattamento, esprime la capacità di adattarsi alle modifiche dell’ambiente, di crescere e di invecchiare, di guarire quando si subisce un danno, di soffrire e di attendere più o meno serenamente la morte. La scienza infermieristica ha come suo centro di interesse fondamentale la persona nel suo continuum salute malattia nel senso olistico, avendo come campo applicativo la pratica terapeutica interpersonale che mira a garantire l‟autonomia nella cura di sé e la possibilità di vivere al massimo lo stato di benessere. L‟incontro tra infermiere e paziente è sempre l‟incontro di due universi culturali distinti, anche se entrambi provengono dalla medesima cultura, ed è doveroso per esprimere al meglio la propria professionalità che l‟infermiere capisca i valori, gli usi, le abitudini, la costruzione del senso dell‟altro. Tali principi etici ricordano all‟infermiere il comportamento valoriale da tenere nei confronti di quelle persone provenienti da altre parti del mondo e troppo spesso trattate ingiustamente anche nel loro bisogno di usufruire del diritto alla salute. La crescente mobilità degli individui nei diversi paesi comporta per gli infermieri un aumento di incontri con persone appartenenti a culture diverse facendo così emergere il fenomeno generale della “diversità culturale”; è necessario da parte del professionista il superamento degli atteggiamenti di campanilismo e chiusura, e la presa di coscienza delle differenze culturali, per essere di aiuto a chi esprime bisogni con modalità diverse. Se nelle diverse culture concetti come salute e malattia hanno una molteplice varietà di attributi, valori e significati è necessario che gli infermieri attraverso discipline demoetnoantropolgiche, si dotino di strumenti necessari a fornire un‟assistenza qualitativamente significativa per l‟assistito straniero.
Dott. Milano Michele